Alfredo Zucchi, La bomba voyeur

Rogas Edizioni, 2018.

Leggere i contemporanei italiani, per me, è sempre più difficile. Intendo quei contemporanei che presumono di fare Letteratura. Il contesto letterario è così caotico e rumoroso da rendere difficile la ricerca: trovare autori e testi di qualità richiede sempre più tempo (accenno al problema in Lit-blog e riviste online: il passato di un’illusione). C’è un evidente problema di filtri. Oggi sono io il filtro, perché poco posso fidarmi degli altrui consigli di lettura, della critica letteraria e simili. Discorso lungo e noioso, evito.

In assenza di volontà di fare filtro, devo contare sul caso e sull’intuizione estemporanea, o semplicemente sulla fortuna.

È stata proprio la fortuna a condurmi su un libro che ritengo tra i più importanti degli ultimi anni – La bomba voyeur (Rogas, 2018) – e su uno degli autori italiani che ritengo tra i maggiori oggi – Alfredo Zucchi.

Sono di parte: parlo di un amico e di un testo cui ho fatto editing.

Ma essere parziale non lo ritengo un problema: credo nella mia opinione e non la inibisco solo perché sono di parte. Sarebbe paradossalmente ingiusto farlo.

La bomba voyeur: un romanzo-Idra dalle molte teste

È difficile sintetizzare i contenuti di un libro così complesso e stratificato. La bomba voyeur di Alfredo Zucchi, infatti, si presta a letture molteplici; le storie che compongono la storia sono importanti in quanto storie ma anche in quanto veicolano temi e concetti.

Questo è un romanzo sperimentale, estremo, il cui stesso linguaggio è difficile perché difficile in sé e perché soggetto al plurilinguismo, i registri linguistici sono diversi, alto e basso si susseguono.

È un romanzo-Idra dalle molte teste.

Ci sono due assi narrativi: la storia di una comunità segreta, politica, che gestisce il potere dello Stato; la storia di Nessuno, un ragazzo che è figlio di un politico di quella comunità e che è in fuga.

Non intendo soffermarmi oltre su trama e personaggi. Intendo, invece, offrire delle suggestioni, sfiorare alcuni dei tanti temi del libro, allontanare dalla lettura.

Perché allontanare i lettori? Perché credo che alcuni libri non siano per tutti, che richiedano molto impegno, che esigano tappe di avvicinamento. Credo in un’“etica della lettura” che ai più farebbe sorridere. Oggi parlare di Letteratura o di “libri importanti” o di “libri necessari” genera una reazione sprezzante, evidentemente – lo penso io, lo pensa anche Alfredo Zucchi – i più non sanno cos’è la Letteratura. Non mi soffermo su tutto quanto c’è in questa parola: Letteratura.

Faccio, invece, una premessa: La bomba voyeur è un libro per iniziati. Io e Alfredo Zucchi cerchiamo di spiegarlo a modo nostro – cioè sperimentale e estremo – in Seduta spiritica con il Vivo, testo pubblicato su CrapulaClub. Qualcosa si può capire anche leggendo due interviste che a mio avviso sono tra le più belle del “genere intervista”: Intervista ad Alfredo Zucchi: dialogo tra Voci su “La bomba voyeur” di Clelia Attanasio (con alcune mie incursioni: ero presente, quel giorno, in un caffè del centro di Napoli, dove parlammo di Letteratura, musica, filosofia e altro), pubblicato su Italiansbookitbetter; Una danza con Alfredo Zucchi su La bomba voyeur di Sara Mazzini pubblicato su Senzaudio.

Quanti sono gli iniziati possibili?

La fuga, l’esilio e il ritorno

C’è un punto del libro in cui l’Indio, il cileno esule dalla patria e dalla dittatura, parla a Nessuno, l’altro esule. L’Europa l’ha accolto, con calore, ma anche per altro («Mi hanno chiamato eroe, e a quel punto ho capito: io ero la loro fantasia, la vostra fantasia – ciò che voi avreste ancora voluto poter essere, il vostro rimpianto», pp. 81-2), sicché pensa al ritorno, ma poi no, non c’è possibilità di ritorno, di chiusura del cerchio.

E qui Alfredo Zucchi rappresenta l’avvenuta maturazione di Nessuno a distanza di anni (arte di pochi è quella di muovere i personaggi), a distanza da quel confronto con l’esule, in poche illuminanti battute intrise di pensiero (arte di pochi è quella di esprimere pensiero in un romanzo, in una storia) e degli scarti della nostalgia che rendono l’episodio dell’esule cileno commovente e bellissimo:

Io invece penso che la perfezione della fuga non è l’esilio ma il ritorno. Che se il cerchio non si chiude non è cerchio, e se proprio è cerchio non è che possa propriamente chiudersi, ma rivenire su se stesso parlandosi addosso. E parlandosi addosso innescare quello sclero circolare – quell’implosione della cosa umana risultante in una poltiglia grigia (come dice il poeta: la mort qui fera s’épanouir les fleurs de ton cerveau).

Mi vergogno mentre mi vedo infiammare alle parole dell’indio – quando ripenso a quanto abbiano influito sulle mie mosse successive, rimanendo sullo sfondo come un fondamento. Quella voce sudaca come l’idolo della purezza. Rivedo la mia stessa fuga come un allontanamento ulteriore dal nodo, un mero scudo per alleggerire il peso del pensiero ossessivo (il pensiero stesso come macchina da guerra, il brivido di potenza, il potere).

[p. 83]

Il Caso e il Ciclo Epico Darwiniano

Tra i tanti c’è la scienza.

E qui la maestria di Alfredo Zucchi, che è la maestria di cui dice mirabili cose Jun’ichirō Tanizaki nel saggio Sulla maestria (1933, edito da Adelphi nel 2014) e cioè la cura estrema della tecnica come disciplina partendo dal presupposto che l’arte ha del sacrale, ma la sua essenza è afferrabile dopo anni di sacrificio – e il romanzo di Zucchi, ricordiamolo, è stato sottoposto a 8 anni di cura –, la maestria di Alfredo Zucchi, dicevo, risplende in un passaggio in cui la teoria dell’evoluzione si fa epos, ed è espressa come Ciclo Epico Darwiniano:

Veniamo di nuovo al Caso.

Darwin, come Omero, è un poeta epico. Nel suo epos, declinato ed espanso da una schiera di epigoni fino a formare il Ciclo Epico Darwiniano, c’è Ulisse – il gene – e c’è soprattutto Atena – il Caso. Il modo peculiare con cui Atena guida e consiglia il gene nelle sue evoluzioni, da Itaca a Troia, da Calipso a Circe passando per le Sirene e Cariddi, merita ogni nostra attenzione.

Atena è cieca. Più che cieca, è severa […].

Gli Epici Darwiniani hanno chiamato i precetti di Atena Strategie Evolutive Stabili o anche Equilibri Evolutivi. Il gene buono, l’eroe o l’Ulisse, non è quello che sceglie di seguirli, ma quello che si trova a seguirli, che vi si adegua. In Omero come in Darwin la libertà, l’intenzione – quella tara teologica del libero arbitrio – sono per lo più variabili ininfluenti, errori o minchiate. E tuttavia come tali, illusioni o finzioni – le quali ad esempio portano un animale come l’uomo a confondere i destini della propria specie con quelli del mondo e dell’universo – contribuiscono anch’esse a far girare la ruota.

L’unica grande – grave – differenza tra i due cicli epici è che nell’epos Darwiniano non si dà una fine. La chiusa resta una questione aperta, irrisolta.

[pp. 163-63.]

Il libro

Alfredo Zucchi

La bomba voyeur

Rogas Edizioni, Roma, 2018

pp. 224

© Antonio Russo De Vivo 2019

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