Quando la terra si aprì

Un giorno accadde davvero così che tutti fecero un lungo sospiro. Sì, la terra si aprì lì dove l’uomo aveva tracciato la linea immaginaria centrale dell’equatore. Sospirando tutti poterono pensare in stato liberatorio Finalmente! finalmente è la fine.

Per tutti è da intendersi tutti quelli che da anni prevedevano ogni giorno ogni notte in veglia in sonno la fine del mondo o Fine della Storia. Questi tutti abitavano da un po’ in una scogliera posta al centro del mondo e col binocolo osservavano i movimenti. Il loro un po’ per gli altri equivale a circa ventisette anni. Tutti si erano fatti vecchi e pensosi in questi anni, bisbigliavano tra loro tutte le lingue che avevano imparato mentre, deposto il binocolo, udivano i movimenti.

I movimenti terrestri ovvero le cosmogonie che in gesti e in versi si comunicavano animali piante e pietre.

Fu così che tutti avevano composto per gli altri bestiari erbari e lapidari con umori animali e vegetali su rocce: la scrittura risuonava quotidie del dolore di tutti gli elementi del mondo. Di notte proprio urlava, la scrittura, e minacciava di uccidere tutti, un giorno, per dar senso all’inane sacrificare di tutti col fine del narrare storie in forma di bestiario erbario lapidario i cui protagonisti erano uomini soltanto. Questa scrittura articolava sulla scogliera la rumorosa sinfonia di Fine della Storia, tutti scrivendo la scrittura nutrivano questa rumorosa sinfonia tanto da darsi tortura al senso dell’udito, tanto da sperare nella sordità come fine di questa umana artificiosa sofferenza. Finché tutti, alla fine della scogliera, dilapidato ogni spazio di roccia con la scrittura, per mezzo di ossa animate si bucarono l’udito e dalle orecchie vive zampillò l’anima di tutte le cose che erano state.

Fu lì che tutti persero la Storia, alla fine della scogliera, una volta trascritto Tutto.

Tutto allora emerse dalla Scrittura in forma di Urlo ma tutti non potevano vedere Urlo, causa ossa animate. Presero i binocoli e niente: non sentivano niente, propriamente.
Pensarono a questo punto che il futuro fosse presente davanti ai loro stessi occhi e non potessero vederlo. Tutti bisbigliavano l’un l’altro questa verità: avevano perso Passato e Futuro sulla linea immaginaria centrale dell’equatore, il centro del mondo appiattiva Tutto.

Tutti al momento bisbigliavano l’un l’altro senza sentirsi: così finiva anche Presente.

Accadde, nel momento in cui l’illusorio atto comunicativo di tutti si perdeva nell’aere salino della scogliera alla fine, che la terra si aprì.
Tutti sospirarono.
Poi tutti presero il binocolo per vedere.
Uscì, fuori dalla terra aperta, Terra. Era ai loro occhi lunghi un agglomerato di animali piante pietre, una palla allungata su e giù ma non come un uovo, e i colori di questa palla si addensavano in un azzurro acqua trasparente attraverso il quale tutti videro, infine, Fine della Storia che dal labiale – tutti non udivano causa ossa animate – diceva cose urlando tali che tutti si tuffarono dalla scogliera lasciando soli gli altri, noi, il resto degli abitanti del mondo aperto, nel dubbio che Fine della Storia non morirà mai ma resterà sempre lì, dietro Terra, a interpretare il senso di tutto mentre noi, dopo tutti, lentamente abbandoniamo la terra solida a favore dei flutti così, tanto per vivere fino alla fine.

Antonio Russo De Vivo © 2021

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Antonio Russo De Vivo. Editor freelance.
Dal 2014 al 2019 ha condiretto il lit-blog «CrapulaClub».
Dal 2020 dirige la rivista «micorrize».

Ha pubblicato articoli e racconti su lit-blog e riviste: «Fillide», «Flanerí», «L’Inquieto», «Nazione Indiana», «Pagine Inattuali», «Scrittori Precari» e «ZEST Letteratura Sostenibile». Un suo racconto è apparso sul sito web della rivista «Nuovi Argomenti».

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