Quando muore un dio

“Quando muore un dio si è tentati dal pianto eterno. Ciò che lascia questa fine dell’infinito e dell’immortale, è una fonte di dolore e incomprensione. La morte non è per tutti. E chi sa di non morire, in punto di morte ride. Quel dio sapeva di non condividere le umane sorti, sapeva che le avrebbe ugualmente condivise. Da qui, nella sua inimmaginabile potenza soverchiante, il riso del dio ci coinvolge per sempre”. Continue reading “Quando muore un dio”

Il Cerchio

La ventola gira e lui, vento in faccia sette del mattino, pensa alla morte. Alla morte si pensa di notte, a giorno finito, non dopo le due, ci si pensa prima che si appressi linizio e si ammetta, una volta ancora, che la vita è immortalmente ciclica.
Davanti al ventilatore pensa che i morti sognano per sempre la loro morte, ed è proprio così. Continue reading “Il Cerchio”

Il racconto ovvero l’arte di affabulare

Vorrei provare a definire il racconto. Non sembra difficile: ci si immagina un testo narrativo di poche cartelle, un qualcosa che per quantità è meno di un romanzo. Poi però si scopre che ci sono racconti lunghi più lunghi di un romanzo breve. Michael Kohlhaas (1810) di Heinrich von Kleist (1777-1811), ad esempio, oppure La morte a Venezia (1912) di Thomas Mann (1875-1955).

Ecco che la più immediata fra le definizioni possibili, quella fondata sulla quantità, cade subito. Ma è a questa che, per semplicità, ci si continua a riferire. Continue reading “Il racconto ovvero l’arte di affabulare”